Bio

Un saluto a tutti gli internauti approdati nel mio sito; vi dò il benvenuto. Per consentire di orizzontarvi al meglio tra queste pagine virtuali, eccovi qui di seguito alcune mie coordinate esistenziali.

Nasco una sera di fine maggio, all’ora dei tiggì, in un piccolo ospedale di provincia. L’anno era quello delle contestazioni giovanili; il luogo, appena al di là di dove Cristo, per qualcuno, s’era fermato. Circostanza sfortunata? Nient’affatto. Sono figlio della mia terra che mi ha sempre nutrito l’anima col suo humus, con i suoi profumi e con i suoi colori, rendendo la mia sensibilità come la più malleabile delle argille.

Mi definisco uno che elabora emozioni attraverso la scrittura,  per raccontarle agli altri. Non so se ci riesco, ma mi piace un sacco. Del resto, sono sempre stato un tipo riflessivo e tranquillo. Quieto, come dicono dove vivo, qua, a Sala Consilina, Salerno. Sud.

Secondo di tre figli; papà impiegato alle Poste, mamma insegnante elementare. Ho avuto un’infanzia serena, piena zeppa di pomeriggi di sole e di sorrisi a riempire i miei ricordi di allora. A seguire, un’adolescenza che parte in quarta promettendomi mare e monti. Scuole medie: conosco ragazzi fantastici e vivo un’esperienza indimenticabile.

“Caspita,” pensavo “se la vita è tutta così, allora il Paradiso è questo, non ce n’è un altro.”

Alle risate e agli amici si affianca l’amore, il primo, quello più ingenuo e pulito e tenero. Ma svanisce all’improvviso, insieme a chi quel sentimento me l’aveva fatto conoscere. Allora capisco che la vita non è un gioco ed inizio a viverla diversamente. Con più diffidenza? Forse... Intanto frequento il liceo classico, appassionandomi alle materie umanistiche, ma anche alla matematica ed alla fisica. I miei interessi si dividono, diventano ambivalenti. Per questo, ogni volta rimandavo la scelta della facoltà universitaria. Ma quell’estate che conseguii la maturità, decisi di iscrivermi ad Ingegneria. Lo feci, ignaro e convinto.

E un bel pomeriggio, mentre me ne stavo a studiare alla luce della lampada da tavolo nella mia stanzetta di bravo studente universitario fuori sede, quel pomeriggio, ricevetti una visita inaspettata; una presenza chiara e discreta si definì: era là, accanto a me, occhieggiante. Nemmeno il tempo di capire chi fosse, che mi ritrovai a scrivere, con la penna che scorreva veloce su un foglio bianco, ed era bello. Bellissimo. Buttai giù di getto una poesia, la prima. La rilessi subito, oltremodo incuriosito. Mi sembrò un capolavoro, degna del miglior Leopardi. Oggi sorrido, se ci ripenso; ma oggi so pure che fu allora che scoprii l’irresistibile seduzione della scrittura. Da allora, convivo con quella presenza che, come tutte le passioni che si rispettino, in precedenza aveva albergato in me, aspettando con pazienza che venisse il suo momento. E quando è successo, è stata lei a decidere tempi e modi e tutto quanto il resto della nostra assidua frequentazione. Io, ho potuto soltanto piacevolmente obbedirle. A quella poesia, sono seguite altre, insieme ad alcuni racconti brevi. Il tutto, mi è servito per aggiustare la mira; per trovare il mio stile ed imparare un linguaggio nuovo, quello dell’anima. Venne il momento di buttar giù il primo romanzo, Solstizi di Primavera, autobiografico, perché si comincia a scrivere sempre di cose che si conoscono bene ed io, ciò che volevo narrare lo conoscevo bene. Eccome! Nel frattempo, riconoscimenti in alcuni premi letterari e l’interesse e l’apprezzamento dei miei primi lettori. Dopo, c'è stata la pubblicazione del secondo libro, Mille Pezzi. Ora, quella del terzo Intrecci di Mondi Paralleli. Dopo ancora, chissà...

Ogni storia che scrivo, è un nuovo viaggio che compio. Decido di cosa voglio parlare, ovvero stabilisco la direzione lungo la quale incamminarmi; stabilisco pure chi, cosa, dove, quando e perché, e parto, senza sapere né quando né in che posto deciderò di fermarmi. Ma da quel pomeriggio che studiavo all’università, sento di non riuscire più a star fermo. Terminato un viaggio, ho bisogno di cominciarne subito un altro, e poi un altro ancora, con l’intima speranza di conoscere (e di conoscermi) un po’ di più, e che ci sia sempre qualcuno al quale possa interessare ciò che, al ritorno, avrò da raccontare.

Pasquale